Liquami (non umori né amori) cerebrali.

C’è una strana concatenazione di eventi nella vita di ognuno che fa sì che spesso ci si trovi davanti ai famosi deja vu e alle altrettante conosciute coincidenze. Come quando stai pensando ad una persona e mentre la stai pensando la incontri per strada o quando ti svegli dopo aver sognato un evento e quello ti si presenta durante la giornata, se non addirittura appena ti sei alzato dal letto.

Ed ecco che per una strana coincidenza della volontà divina o del destino o del caso (poco cambia: Io non c’entro in nessun caso!) eccoti qua, davanti a me, ogni giorno. Con i tuoi ricci sbarazzini e, in fondo, da bambina, gli occhioni grandi colore del cielo che vengono dal cielo angelico e sognano di stare tra le nuvole, con il naso come un aculeo di istrice che mi lusinga e mi respinge nel quotidiano grigiore dell’esistenza, con le labbra tumide che ricordano i seni abbondanti eppure ancora così adolescenziali…e poi le mutandine nere orlate di elastico bianco che traspare dai pantaloni sottili e freschi in un gioco di chiaro-scuro e di vedo e non vedo che si rinnova ad ogni tuo movimento. E la danza primitiva del basso ventre così istruita in maniera innata per adescare i maschi.

Io non c’entro.

Sono uno spettatore passivo che vuole e non vuole rimanere tale.

Se ascoltassi, come ora ascolto, il me convenzionale, quello adattato, civilizzato bravo cittadino onesto marito e padre (applausi applausi alla sua continenza, alla sua padronanza di se stesso, evviva il compos sui!), resterei e resto attore dei tuoi film erotici che si dipanano sullo scenario delle mie visite alla vita esterna, fuori dalla caverna, dove le ombre sono immagine delle idee e le idee sono qualcosa che c’è; lo so che c’è l’idea ma non l’ho mai veduta (oddio, Platone mi ha fatto male: e adesso Plotino e Seneca e i Vangeli sinottici, e persino Pascal e la scommessa su Dio e l’Aut Aut di Soren Kierkegaard!  Uffa!).

Se invece fossi più carnale, più animale, più istintivo (uberman, cavolo arriva Federico Nietzsche!), meno adattato, meno civilizzato, meno bravo cittadino onesto (anche Rousseau e lo stato di natura?) ti stenderei per terra, primitivamente senza diplomazia, ma anche con fare delicato di chi sa che ormai ti possiede e che tanto tu non scapperai, perché in fondo in fondo, nel profondo, anche tu vuoi essere presa, anche tu vuoi essere vittima e protagonista di questo respiro di vita reale-inventata, senza categorizzazioni né sistemi (fanculo anche ad Aristotele, a Kant e ad Hegel: l’unica fenomenologia è questa scena sul pavimento con i nostri corpi intrecciati allacciati umidi fluttuanti di spasmi di piacere orgasmico!)…

Basta, basta anche se non basta l’immaginazione per immagazzinare nella mente le immagini sfocate che vorrei fotografare che vorrei bruciare, come Petrarca che “in questo stato sono, donna, per Voi” e la linea orizzontale che spinge verso la materia e quella verticale verso lo Spirito di Franco Battiato e penso col già pensato, ed è tutto liquido e postmoderno e liquidi i pensieri scorrono e nello stesso fiume entriamo e non entriamo, siamo e non siamo anche se l’essere è ed è impossibile che non sia e il non essere non è ed è impossibile che sia.

Lascia un commento