L’autobus delle 6.30

Tra noi provinciali

figli d’un altro Dio,

si lasciavano presto i guanciali 

per costruire una cosa chiamata “Io”.
L’autobus che partiva mezz’ora solo dopo le sei,

i sogni ancora appiccicati negli occhi di quello che sarai e che non sei, 

l’illusione, tra uno sbadiglio e l’altro, di dover cambiare il mondo.

E poi il pensiero che si allenava ad essere sempre più profondo,

a tessere trame di cui ora mi vergogno e mi nascondo.
Erano brame

di cose malsane,

erano fame

di vita.

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