Agrigento

Girgenti inerpicata sugli scogli:

millenni, secoli e giorni d’imbrogli;

rigurgita le tue terre

governanti sicut ille Verres.
Agrigento arrampicata sulle pietre:

sono i grattacieli corna di capre;
Akragas abbarbicata sulle colline,

Akragas sublime;

troppo affollata 

che vorrebbe solo essere lasciata

sola con i suoi racconti e le sue rovine.

Girgenti invidiata dalle vicine,

Agrigento maestosa, disegnata

sui ponti e sulle “pale di ficurine“,

Akragas tirannica e di aspre rime ,

figlia di Icaro, figlia di Dedalo,

Empedocle, l’arché e la fine;

Agrigento, 

che carezzi i turisti col petalo 

volato dal vento,

che insegni ai barbari e al loro nordico profumo

come è facile svendere fumo.
Girgenti, che tra gli argenti

 custodisci il mandorlo, l’ulivo e il  ciliegio,

Akragas, dove non è sacrilegio

fotografare le cose sacre 

insieme alle capre,

dove è dolce il sortilegio

di cose passate che non interessano a nessuno, 

(cu si nni futti?)

ma che fanno tanto tanto fumo 

(sunnu di nuddu i cosi di tutti!)

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